Totò Matranga, un americano a Monreale

Un antico aneddoto legato al terremoto del 1968

Totò Matranga, ti ricordi quando s’ammuttava u fumu ca stanga? Sei stato il re dei salari in questa nostra Monreale piena di giovani precari. In ogni caso, lo zio Totò è stato il mito del vero americano nella nostra città. Ha inventato la frutta fresca di stagione, senza temere confronti dalla concorrenza.

Quanta passione, quanto amore, solitudine, quante invidie! Si è letteralmente fracassato l’anima, da giovane baldanzoso e grande lavoratore, per trovare il segreto della migliore frutta da vendere con orgoglio nel suo variopinto banco di Corso Pietro Novelli. Lo zio Totò, sfrenatamente, ha amato tanto i divertimenti e la famiglia, ma sul lavoro è stato sempre intransigente. Poteva trascorrere una serata fuori dai gangheri e ritornare a casa un poco stralunato, ma ha sempre rispettato l’appuntamento con la sua sveglia biologica del lavoro. Puntualmente si risvegliava alle due puntuali di notte, si radeva, si profumava vanitosamente e poi puntualmente si recava al mercato ortofrutticolo di Palermo. La migliore frutta era il suo copyright ed appannaggio. Lo conoscevano tutti al mercato ortofrutticolo; petulante, litigioso ma onesto e buon pagatore. Quanta tenerezza m’ispira il suo ruolo di “Americano a Monreale”!

Quando raramente lo rivedo, spunta un lacrimone sul mio viso e sul suo viso scarno senza frontiere. Siamo Angeli che amano straordinariamente la gente, anche se nei nostri cuori alberga un dolore profondo come l’oceano delle nostre amarezze e tristezze. Caro Totò, la vita è un’infinita variabile casuale di sofferenza e disperazione. Tu ed io ci barcameniamo ancora sotto questo cielo ed è già un miracolo! Tanti monrealesi hanno una paura matta ad avvicinarsi alla tua boutique di frutta e verdura, perché temono i tuoi prezzi elevati; esclamano invidiosi: “U Salaru è caravigghiaru!”, in ogni caso, si sono persi la migliore frutta del corso Pietro Novelli e dintorni. Non sto lontanamente a rimarcare che sono da sempre un tuo cliente affezionato. Bando al commercio!

Vorrei richiamare alla memoria cronologica dei miei ricordi, un episodio paradossale di vita quotidiana che ho vissuto con Totò Matranga nel 1968. Si avvertirono a Monreale le prime fortissime scosse di quel fatidico terremoto che avrebbe devastato la valle del Belice. Mi trovavo a casa con la mia famiglia e mi resi conto che il lampadario del soggiorno di casa, dove abitualmente studiavo fino al mattino, dondolava come il pendolo del mitico filosofo Foucault. In preda al panico, mi precipitai impaurito a svegliare mio padre e la mia tenerissima mamma. Mentre raccontavo ai miei genitori l’angoscia e le mie paure, si ripresentò un’altra fortissima scossa. La mia mamma impaurita balzò giù dal letto matrimoniale e cominciò ad urlare. Mio padre seraficamente esclamò: Andate a letto, avete fatto un brutto sogno! Incavolato per il minimalismo di mio padre, sbarrai l’imposta del balcone di casa e notai che tantissima gente urlava impaurita lungo Via della Repubblica, confinante con Via Archimede.

Trascorsero cinque minuti fatidici e si verificò un’atra potente scossa di terremoto. Non sapevo più cosa fare, ma puntualmente arrivò sotto il balcone di casa mia il mio infinito amico Titì Ferraro con il suo GT e reclamava a gran voce la mia compagnia. Mi precipitai, senza pensarci un attimo, lungo la strada e mi catapultai sulla macchina del mio amico. Ebbe inizio la nottata più cinica legata al terremoto del 68. Sfrecciammo a velocità supersonica, in largo e lungo, per le campagne monrealesi. La gente, in grande maggioranza, si era riversata per strada, impaurita ed angosciata. Scegliemmo come tappa finale del nostro girovagare, la spianata antistante la via linea ferrata (a 50 metri dalla Galleria). La spianata era zeppa di persone in cerca di spazi aperti e protetti. Posteggiammo la macchina e ci avventurammo in mezzo alla folla. Conoscevamo una per una le anime di quella notte all’addiaccio.

All’improvviso mi ritrovai cinturato alle spalle da una persona amica. Dopo uno spazio breve di pochissimi secondi, l’arcano mistero aveva un corpo ed un’anima e si palesò con mia grande gioia; era Totò Matranga! Ci abbracciammo teneramente ed aprimmo le danze notturne. Totò disse al mio amico Titì: La Fattoria è aperta e ci aspetta il nostro passatempo preferito, ovvero, il tocco; racimolo un pugno di amici e ci sediamo a mangiare e bere. In un fiat, eravamo seduti per la celebrazione del Tocco Siciliano. Totò era fortunato e comandava da padrone le regole del gioco. Riuscì, per l’intera nottata a lasciare all’asciutto Titì. All’alba, quando il gioco si era consumato, Totò commise un grave errore nelle vesti di padrone nominato del tocco e propose a Titì un piccolo invito. Mi ricordo che Titì, abituato al gioco duro, tracannò in 30 secondi l’intera bottiglia di vino in palio, lasciando esterrefatto Totò. Altro che terremoto! Ci sentivamo tutti in alto mare.

Andammo con Totò a Palermo presso lo storico bar “Pinguino” di via Ruggero Settimo e tracannammo un Autista, un’afrodisiaca bevanda che aiutava la digestione e l’obnubilamento da bevande alcoliche; un must per tanti giovani palermitani fino agli anni 80. Alle 7 in punto del mattino, Totò ci chiese di fare ritorno a Monreale per concedersi un lunghissimo abbraccio con Morfeo. Oggi, aggiunse Totò, non andrò al mercato ortofrutticolo e mi concederò 12 ore di sonno profondo; al diavolo la frutta ed il terremoto! Alle ore 20,30, sarete miei ospiti presso la taverna La Cara d’impirugghiu per fare stragi di lumache e polpette al sugo, innaffiate con un quarto di vino ed una gazzosa.

 

DAL LIBRO PARAMUTIA 2017 BY SALVINO CAPUTO _(c) Copyright e Tutti i diritti riservati ISBN E SIAE