La favola dello zio Nino ''U Caccamisi'', re ru gelatu al limone murrialisi

Ho voluto dedicare la Favola del Natale 2020 allo zio Nino u Caccamisi per chiudere in bellezza momentaneamente il mio ciclo di favole dedicato ai personaggi più operosi e fantasisti tra gli esercenti, artigiani, uomini veri in carne ed ossa, che hanno operato una rivoluzione commerciale nella mia amatissima Monreale.

Mimì Di Miceli, Nino Perna, Angelo Di Nicola, Giovanni Ferraro detto Giuvannineddu, Giovanni Mirto del mitico Bar Mirto, Marilena Russo del Negozio Virgolina, Ciccio Tusa del Panificio Tusa, Giovanni Madonia detto Piruneddu, Andrea Sorrentino della Premiata Carnezzeria Monrealese, e cento altri personaggi che sarebbe una lunga impresa ricordare e citare, hanno contribuito a rendere fantastica ed oltremodo competitiva l’immagine della nostra Monreale Patrimonio dell’UNESCO, ma città viva, dinamica, accogliente e produttiva. Ho dedicato Favole a tutte le nostre Farmacie Monrealesi e continuerò a dedicarle a tanti altri protagonisti del settore produttivo della nostra economia locale, a partire dal settore alberghiero locale e Bed And Breakfast, agli artisti del mosaico e delle meravigliose ceramiche, ai nostri negozi di frutta (Ho dedicato una Favola a Totò Matranga) ed a tante altre categorie dei servizi operativi a Monreale.

Oggi dedicherò la mia Favola di Natale 2020 allo zio Nino u Caccamisi padrino del mio fraterno amico Mimmo Gelsomino, ex Dirigente delle Poste italiane ed ex Assessore Comunale del Comune di Monreale nella sindacatura di Piero Capizzi. Mi tuffo nel 1956 a Piazza San Castrense sul marciapiedi antistante l’ingresso al Monumento ai Caduti, lirismo botanico assoluto per le Palme di Datteri che facevano da cornice storica al monumento dei caduti in guerra. Facevamo a gara tra i bambini dell’epoca, a far precipitare con le nostre fionde le delizie gustose dei datteri che raccoglievamo e divoravamo golosamente. Nel marciapiedi antistante il monumento ai caduti, nella primavera del 56 trovammo sbigottiti un casotto in legno attrezzato alla grande e fornito di comodità all’avanguardia per il 56.
Nel casotto c’era un ripiano poderoso in legno massiccio con una macchina per confezionare gelati, c’erano dei pozzetti in acciaio per la conservazione dei vari gusti del gelato, c’era una macchina artigianale del caffè ed un soffitto da favola dove lo zio Nino esponeva la sua meravigliosa collezione di farfalle. Adesso intervisto Mimmo Gelsomino che si ricorda nei dettagli particolareggiati le farfalle di suo padrino Nino. Carissimo Mimmo, raccontami la cronistoria delle farfalle del tuo padrino. Precisiamo per prima cosa che U zu Nino u Caccamisi si chiamava all’anagrafe Intravaia Antonino ed era coniugato con la tua prozia Gelsomino. Adesso caro Mimmo prosegui con i tuoi racconti fantastici della Gelateria di tuo Padrino. “Carissimo fraterno amico Salvino Caputo, mi carichi come un asinello di un fardello pesante e mi auguro che la mia memoria non faccia cilecca, ci provo con entusiasmo perché è la prima volta nella mia vita che mi ritrovo ad essere nel piccolo universo tematico di scrittura, protagonista in una favola che è la tua specialità senza concorrenti nella stesura delle Favole vere e genuine della nostra vita precaria e nelle mani del nostro destino.

La Gelateria di mio padrino era una costruzione in legno composta da un vano con i pozzetti del gelati per la vendita al pubblico e una stanzetta più piccola dove si trovavano ed erano allocati i macchinari per fare e produrre gelato. Incredibilmente il Chiosco dei Gelati era illuminato da numerosi lampioni di luce intensa e pura, che specialmente nel corso della serata attraevano e calamitavano, sia per l’effetto luce, sia per il calore, una genìa e razza di farfalle di grosse dimensioni e di colore beige scuro che mio padrino Nino raccoglieva a mani nude e con delle spille e spilloni le attaccava e posizionava sulle pareti di duro legno del suo chiosco magico. Alla fine del film, tutto il chiosco era tappezzato da queste grosse farfalle, una genìa in via di estinzione”. Tuo padrino Nino, oltre a vendere il migliore gelato al limone di Monreale, aprì accanto al casotto di legno uno spazio aperto con due tavolini e quattro sedie, dove ogni pomeriggio alle 18,30 mio padre Titì Caputo, in compagnia di amici, amava consumare birra. Alle 19,30 gli amici di mio padre e tuo padrino, si recavano dal mitico La Cara alias u Zu Nino Mpirugghiu e consumavano di tutto e di più secondo la stagione. Accadde che, in un tardo pomeriggio assolato, si presentò baldanzosa e fiera al casotto di Nino u Caccamisi , la signorina Ciccina Terrasi, detta a Foddi.

La signorina Terrasi ordinò ad Enzo Quattrocchi, un ragazzo splendido che serviva al banco, un gelato al limone. Mio padre seduto al tavolino in esterna al casotto, notò subito la presenza della signorina Terrasi e siccome era una sua cliente di pasta, farina e zucchero, si alzò e dopo avere salutato con un baciamano da ridere la signorina, ordinò al povero Enzo Quattrocchi di preparare 9 coni gelato e 5 farfalle alla Ciccina, che ringraziando mio padre esclamò severa : Signor Caputo, accetto i gelati ma rifiuto le farfalle perché io sono la loro mamma e volo, volo, volo tutto il giorno. Dopo avere profferito questa sequela poetica, la Signorina Terrasi (Nella foga delle Farfalle) scivolò sul marciapiedi e non voleva essere soccorsa. Per fortuna e casualità, la rialzarono dalla nuda terra Padre Governanti che aveva finito di celebrare messa ed il Sacrestano Tanino Modica.
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