Bentornata Primavera, figlia di un rapimento

MITOLOGICA-MENTE - Ade, un matrimonio (s)combinato e quel maledetto melograno

MONREALE, 21 marzo - E' da sempre così. Ci benedice e ci condanna. Ci addolcisce e poi ci punge. Perché ci abbandona alla malinconia e al disperato bisogno di luce, proprio quando invece il giorno è castigato dall'eclissi di un gelido buio. E' semplicemente la Primavera che oggi ritorna tra noi, figlia di un rapimento e frutto d'inganno. 

 Benedizione e condanna, maliconica dolcezza dell'attimo che adesso esiste, ma che poi lascerà il posto al vuoto freddo delle stagioni più rigide. Rifletteteci. Quante volte, assorti nel torpore d'un pomeriggio d'Aprile, nell'imbrunire di quell'aria fresca che profuma già d'estate, vi siete ritrovati – in silenzio – a pensare che tutto questo tra qualche mese finirà. Basta solo un po' di concentrazione. E magari gettar via anche il cellulare (per un istante, che sarà mai!). Quell'ultimo raggio di sole che vi trafigge è maliconia dietro una maschera ben truccata. I greci, che a Facebook, alle stupide vignette e ai tag non erano certo abituati, secoli e secoli fa ci riflettevano eccome. E – pensate – credevano veramente che quella loro malinconia fosse paragonabile a quella che si nasconde ad esempio nel sorriso di una madre che riabbraccia una figlia lontana per tanto tempo, ma che presto partirà di nuovo. Ecco, gioioso e triste al tempo stesso. La loro storia – di quella madre e di quella figlia - è una delle più belle mai raccontate dall'uomo.

Si narra che Persefone giocasse libera e spensierata sulle sponde di un lago. Era una bambina, come tutte attratta dai fiori e da quel caleidoscopico quadro di colori che la natura dipinge. Viole, rose, margherite. Varietà belle sì, ma mai come il narciso. Lo vide e i suoi occhi presero a brillare. Lo colse, ma non sapeva che quel gesto infantile era la firma alla sua condanna. Tutt'intorno la terra tremò. Un frastuono assordante si udì salire dall'acqua mentre i furiosi cavalli di Ade, il dio dei morti, sfondavano la terra e d'un tratto trascinavano via la piccola Persefone. Quel luogo - che gli antichi indicano in Sicilia – si trova non lontano da Enna, sulle sponde del lago di Pergusa. Quando dall'autostrada vi ritroverete a passare di lì, pensate a Persefone, perché è grazie a lei se la Primavera ci fa visita e fugge via ogni anno. Ade non era cattivo, però. Lui era solo... sfigato. Suo fratello Zeus lì sull'Olimpo cambiava un'amante a notte, mentre lui – senza una donna – non vedeva altro che morti e mostri. I terribili cattivoni molto spesso sono semplicemente anime terribilmente sole. Zeus lo sapeva e per questo gli concesse di prendere come sposa la bellissima vergine Persefone.

Se Zeus e Ade pensavano di essersela fatta franca con un matrimonio bello che combinato sbagliavano. Non avevano ancora fatto i conti con la venerabile madre della giovane: Demetra, dea delle spighe di grano, della prosperità, della natura che fiorisce. E forse, a ben pensarci, la prima femminista della storia. Ade era quello che oggi si direbbe ''davvero un buon partito''. Ricco e potente. Ma sua figlia non avrebbe trascorso i suoi giorni tra le braccia di qualcuno che non amava. Gli ordini del padre degli dei non potevano essere disattesi, ma Demetra meditò comunque la sua vendetta. Avrebbe letteralmente prosciugato gli uomini. Niente più raccolti, né frutti. Carestie, miserie, fame fin sulla vetta dell'Olimpo, il monte degli dei. Zeus era stremato e per provare a riconciliare Demetra inviò verso di lei, sulla terra, la leggiadra e alata Iride – l'arcobaleno. Il cuore di una madre che vede strappata la propria figlia alla sua innocenza però non si compra con le parole. Zeus allora – per non veder morire di stenti tutti quanti gli dei – decise di imporre al fratello Ade di restituire alla vita Persefone.

Va', sei libera! disse allora il dio degli inferi. Ma i suoi inganni lo precedono e nessun uomo può mai sfuggirvi. Lascerai che ritorni da mia madre? gli rispose Persefone, ormai austera regina del cieco mondo. Nei suoi occhi, però, brillò di nuovo l'antica fanciullezza strappata insieme al suo narciso. Ade senza farsi vedere alzò un sopracciglio, consapevole che la luce sarebbe stata solo temporanea – Torna al mondo. Ma ti prego, prima che tu possa andare, porta con te questo. E' il mio dono per te. E nelle sue mani pose il frutto dai chicchi simili a lacrime di sangue: il melograno, bello e perverso. Persefone mangiò una di quelle lacrime dolcissime. Molte altre amare, invece, ne avrebbe versate. Quando rivide il mondo dei vivi, la giovane corse dalla madre che con la sua magia, in preda all'euforia, fece riscoprire al mondo tutta la sua freschezza. Spighe, frutti, bacche e fiori. La Primavera era tornata. Insieme recuperarono il tempo perduto. Demetra desiderava che quel loro abbraccio non finisse mai e lo stesso Sole arrestò la sua corsa, per far sì che i giorni non corressero via veloci (sarà forse per questo che le giornate si allungano?). L'inganno di Ade però la colse sul finire dell'estate e quel chicco di melograno mangiato richiamò Persefone nella sua dimora, al fianco di quel marito che non si era scelta ma che adesso, per un melograno, avrebbe dovuto servire. Il mondo tornò a congelarsi alle lacrime che Demetra pianse per il destino della figlia, per sempre in bilico tra i due mondi. Due stagioni tra i morti, due stagioni alla vita. Dolore e gioia. Perdersi per poi ritrovarsi. Proprio come quel sole che nel pomeriggio di Aprile, in silenzio, ci ricorda che il freddo non è tanto distante e che godere di ogni singolo momento è lusso tanto di uomini, quanto di dei. Godiamoceli quindi. Bentornata Persefone!