La Passione di Artemisia

La Passione di Artemisia

Di Susan Vreeland

“La passione di Artemisia” è un romanzo che racconta la vita di Artemisia Gentileschi, come donna e come pittrice. La sua storia, è presentata come un dramma d’amore, di passione e di odio irrefrenabile. È la storia della vita di una donna che infranse le regole del suo tempo per difendere la propria libertà.

Artemisia dipinse sin da bambina: apprese dal padre a mescolare i pigmenti e comporre i colori, i segreti giochi della luce, l’anatomia dei corpi, la magia delle prospettive. In seguito per lei la pittura divenne un mezzo per allontanarsi dalla dura realtà e vivere appieno in un altro mondo, con maggiore intensità rispetto agli altri.

È il 1612. Artemisia insieme a suo padre, Orazio Gentileschi, si reca all’udienza di un processo. Il padre ha denunciato al tribunale dell’Inquisizione di Roma l’amico pittore Agostino Tassi perché egli ha violentato la figlia.

La ragazza durante il processo viene umiliata dai giudici, che la sottopongono alla tortura della “sibilla” (uno strumento applicato alle dita che le lascerà i segni per sempre) gli stessi mettono in dubbio l’integrità e la sincerità di lei; ma ancora non basta, Artemisia verrà sottoposta a una visita medica sotto lo sguardo concupiscente di tutti, mentre il padre resta indifferente convinto che ciò, gioverà al suo onore e alla carriera di pittore ormai affermato.

Questo episodio segnerà per sempre Artemisia, un marchio che porterà addosso ovunque. La pittrice fu costretta a fuggire da una Roma troppo puritana e maschilista, si trasferì a Firenze, ove convolò a nozze riparatrici con Pierantonio Stiattesi, anche lui pittore. Ma l’uomo non riuscì mai ad accettare una moglie più dotata di lui, e abbandonò la famiglia dopo la nomina di Artemisia all’ Accademia del Disegno di Firenze, la prima donna in assoluto nella storia.

Artemisia dipinse in varie città d’Italia fin quando in seguito ad una tardiva lettera del padre andò anche in Inghilterra, dove i Gentileschi dipinsero a quattro mani alcune volte dei soffitti del palazzo reale alla corte di Carlo I° Stewart. Muore a Napoli nel 1653 dove viveva anche la figlia sposata ad un nobile partenopeo.

L’autrice trasmette al lettore una profonda ammirazione per la tenacia e la forza d’animo di Artemisia, documentate da una pittura particolarmente vivace e incisiva, inoltre è ben evidenziato il rapporto tra l’indole della pittrice e l’originalità e modernità dei volti e delle figure femminili da lei rappresentate: Artemisia infatti riuscì a trasferire nelle immagini parti di se stessa, momenti della sua travagliata vita: la gioventù e l’innocenza di “Susanna” sotto gli occhi vogliosi e inquisitori dei “Vecchioni”; lo sguardo di vendetta e giustizia di “Giuditta” nel primo dei famosi dipinti “Giuditta e Oloferne” realizzati in tempi e luoghi diversi, il colore giallo intenso, caldo della seta dell’abito di Giuditta, le sue forme morbide e opulente in contrasto con la forza che esprimono quelle braccia e quel volto mentre decapita Oloferne, rendendo giustizia a se stessa e al suo popolo; nelle altre versioni dell’episodio biblico l’artista si pose il problema di rappresentare il momento successivo all’accaduto, prima della scoperta del delitto, immagine meno cruenta ma carica ugualmente di vigore; Giuditta e la sua ancella hanno sentito un rumore, tendono l‘orecchio ascoltano e guardano verso un punto alle loro spalle mentre cercano di nascondere ciò che resta di Oloferne.

Ed ancora “Lucrezia” colta nell’attimo prima di suicidarsi con tutta l’esplosione della sua femminilità e la determinazione dell’espressione del volto che parla di forza immensa e rimpianto per la vita ormai perduta. Ed ancora altre figure femminili, bibliche o storiche, le sante e gli autoritratti in un mondo di luci, colori e chiaroscuri caravaggeschi, tutte opere di una donna, un’ artista, che nel 600’ riuscì ad imporre la sua visione del mondo e della vita.

Caterina Puleo

La Passione di Artemisia
di Susan Vreeland

Editore: BEAT