Mia suocera beve

Mia suocera beve

Di Diego De Silva

Portare una bottiglia di whisky all’ex suocera che ha appena saputo di avere il cancro è azione degna di rimprovero da parte dei figli dell’avvocato Malinconico. Il quale, però, riscuote l’approvazione dell’anziana ammalata che con lui intavola subito un dialogo franco e esilarante senza risparmiargli stoccate sulla sua vanità e mandandolo di cuore a quel paese appena scorge in lui, da osservatrice acuta, il manto dell’ipocrita modestia steso sulla vanagloria per essere stato, un giorno, per caso, un eroe televisivo.

La maggior parte del romanzo è dedicata al potere della TV sui fatti tragici o drammatici della vita di tutti i giorni. Un ingegnere informatico che ha realizzato il sistema di videosorveglianza in un supermercato sequestra il killer di camorra che ha provocato la morte di suo figlio sul quale i media, con criminale superficialità, hanno proiettato un’ombra sinistra, facendo credere che il ragazzo avesse alcunché in comune con un camorrista ucciso nella stessa occasione.

Il camorrista sequestrato è uscito indenne da tutte le vicende giudiziarie seguite al delitto e l’ingegnere vuole giustizia. Ma non più nelle aule dei tribunali, mostratesi impotenti a condannare un camorrista. Egli cerca la vendetta mediatica: vuole reintegrare e rendere giustizia alla memoria oltraggiata del figlio e uccidere il camorrista. L’ingegnere esige inoltre che l’avvocato Malinconico patrocini la sua causa in diretta.

L’episodio mostra quanto sottile sia il diaframma fra un evento banale della nostra vita, come, appunto, la spesa in un supermercato, e la tragedia di un padre ferito in ciò che ha di più sacro al mondo e che arriva a credere che l’unica giustizia che conti sia quella mediatica. Farà con discrezione i salti mortali l’avvocato Malinconico per evitare la tragedia.

Troverà il modo, il tempo e le parole giuste per difendere, malgrado tutto, la giustizia fatta in aula. Il tutto, ovviamente, sempre con l’aria di dire o fare delle scemenze, senza mai essere eroe. Ci sono riflessioni profonde e originali sul ruolo della TV nella nostra vita, nella giustizia e nella politica. C’è una vita privata squinternata con relazioni che cessano e altre che non decollano.

Ci sono osservazioni meravigliose sull’amore, nel senso esteso del termine, come disposizione del cuore verso gli altri. C’è un senso vivissimo della giustizia e una condanna implacabile per la sua volgarizzazione mediatica in un orrendo e quindi verosimile talk show in cui compaiono personaggi come Sgarbi, Emanuele Filiberto, Giancarlo De Cataldo, Fabrizio Corona, Daria Bignardi e Ambra.

Sono pagine tutte da godere, perché fanno “giustizia” di tutte le offese arrecate alla nostra dignità e ai nostri valori dalla TV spazzatura che ci violenta ogni giorno. Non si può non voler bene a questo anti-eroe che ci conforta e ci riscatta, definendosi “uno dalla rabbia labile” e che soffre “di capitolazione precoce”.

Rosa La Rosa

 

Mia suocera beve
di Diego De Silva

Editore: Einaudi