Di Piercamillo Falasca
Questo libro ci è più vicino di quanto possiamo immaginare. Vicino a noi ultracinquantenni, perché i nostri figli sono emigrati per studiare e lavorare altrove, fuori dall’Italia, o comunque fuori dal Meridione d’Italia; vicino ai giovani che cercano un corso di laurea autenticamente qualificante e che dia loro la speranza di un lavoro e vicino ai ragazzi che presto dovranno affrontare la scelta di un lavoro o di un corso di studi.
Terroni 2.0 sono appunto i nostri ragazzi che, rinunciando alla rete di protezione della famiglia e ripudiando la logica del “favore” e del posto fisso (posto che, peraltro, non esiste più!), hanno proclamato la loro solare indipendenza, hanno abitato in stanze monolocali, spesso condivise con colleghi transeunti, hanno gestito frigoriferi poco credibili e alquanto squallidi in un clima assai selettivo e molto diverso dal consueto vissuto, alla ricerca di se stessi.
Sono loro che esportano, il più delle volte consapevolmente, la loro meridionalità, vissuta come un valore aggiunto. Essere giovani meridionali all’estero, o al Nord (non fa molta differenza!) vuol dire oggi dare prova di grande flessibilità, essere pronti ad adattarsi, a forgiare le proprie abilità e imparare a spenderle bene, preparandosi duramente e senza cedimenti.
Pronti a capire l’ambiente che li circonda e a misurarne le potenzialità di sviluppo e le proprie possibilità di inserimento. Pronti ad affrontare disagi materiali quotidiani, ivi compreso l’uso del proprio accento, sbandierato talvolta con orgoglio, ma, all’occorrenza, ammainato in uno sforzo di rapida integrazione. I terroni 2.0, a differenza degli emigrati del secolo scorso, partecipano alla vita pubblica del Mezzogiorno, anche a distanza.
E ciò non perché coltivino il desiderio di ritornare, ma perché, avendo “fatto il salto”, essendosi sganciati dalle certezze e dai dogmi del quotidiano meridionale, queste menti brillanti sanno per esperienza che un’”altra” vita è possibile. Essi diffondono presso di noi la cultura del merito e della legalità; coltivano nell’animo una “coscienza di classe” dell’essere meridionali, ossia abituati a lottare tenacemente per ottenere ciò che avrebbero potuto avere facilmente, cedendo al ricatto dell’illegalità.
Perciò, quella valigia che si riempie e si svuota e quei saluti all’aeroporto, arricchiscono la loro vita di valori, di conoscenze, di esperienze tali che dovunque andranno continueranno a sentirsi “del Sud” non come marchio da cancellare, ma come identità quotidiana che dà valore al loro libero esilio. Il libro mostra anche, in forma colloquiale, l’importanza della familiarità di questi ragazzi con Internet, come occasione e strumento per promuovere l’imprenditorialità e si conclude con un apologo amaro, dedicato alla domanda “Se Steve Jobs fosse nato in provincia di Napoli?” Da non perdere!
Rosa La Rosa
Terroni 2.0
di Piercamillo Falasca
Editore: Rubbettino
Terroni 2.0