Don Lorenzo Milani, prete ed educatore rivoluzionario

fumetto di Stefano Gorgone

Carissimo direttore,
così come per don Primo Mazzolari e don Tonino Bello, desidero presentare per i lettori di Monreale News un breve profilo di don Lorenzo Milani, un prete che serviva davvero il Vangelo stando dalla parte degli ultimi, un grande educatore il cui messaggio è ancora estremamente attuale.

Nato a Firenze in una famiglia benestante aveva lasciato a vent'anni gli agi ed i privilegi che avevano caratterizzato la sua vita per entrare in seminario.
Ho conosciuto don Milani a metà degli anni settanta, poco tempo dopo la pubblicazione di “Lettera ad una professoressa”, un vero e proprio manifesto per una scuola davvero inclusiva, giusta e democratica. Gli sono stato sempre grato e riconoscente per quello che ha scritto e fatto, per la sua idea di scuola che ha orientato decisamente la mia attività professionale, una scuola che non lascia indietro nessuno e che aiuta tutti a prescindere dalle loro capacità e dalle loro condizioni di partenza.

Don Lorenzo, così come il brasiliano Paulo Freire con la sua pedagogia critica e la sua teoria della liberazione dei poveri da ogni forma di oppressione, ha segnato profondamente la storia dell'istruzione scolastica del nostro Paese, valorizzando le esperienze extrascolastiche, rivoluzionando il ruolo dei docenti, contestando il modello scolastico diffuso nel suo tempo, prevalentemente classista, autoritario, selettivo e verticistico, un modello che premiava i ricchi e penalizzava i poveri. Don Lorenzo ha inteso la scuola come luogo idoneo a fare prendere consapevolezza delle proprie condizioni ed a combattere il privilegio e l'emarginazione.

“E' ingiusto fare parti uguali tra disuguali”, diceva. “Occorre dare di più a chi ha avuto di meno dalla vita”, dare nuove opportunità a chi non ne ha, a chi non padroneggia la parola e per questo viene discriminato ed escluso per sempre dalla vita sociale. Solo tramite la cultura i poveri ed i contadini per don Milani, avrebbero potuto superare la loro rassegnazione e difendersi dalle ingiustizie.
Per il suo linguaggio tagliente e preciso, per il suo modo di argomentare don Lorenzo era considerato scomodo dalla comunità civile e religiosa del suo tempo, ma nello stesso tempo era molto amato dalla sua gente di Barbiana, una località isolata di montagna dove lo avevano inviato i suoi superiori. Fu incriminato e rinviato a giudizio per apologia di reato per una lettera aperta che aveva inviato ad alcuni cappellani militari toscani che avevano definito l'obiezione di coscienza “un insulto alla Patria e ai suoi caduti, estranea al comandamento cristiano dell'amore e espressione di viltà.”

E' morto a soli 44 anni, nella più completa solitudine, stroncato da un male incurabile, con il conforto soltanto dei suoi ragazzi e dei pochi abitanti di Barbiana dove è stato sepolto. Papa Francesco recentemente si è recato a visitare la sua tomba per rendere omaggio alla memoria di un “sacerdote con una grande passione educativa, inquieto ed inquietante, trasparente e duro come un diamante”, ma sempre fedele alla Chiesa ed al Vangelo.