L’8 marzo al liceo scientifico di Monreale

Le studentesse delle classi V A e V B del liceo scientifico

Una Giornata per riflettere. LE FOTO

MONREALE, 8 marzo – Come ogni anno la Giornata Internazionale della Donna offre spunti molto interessanti di riflessione, per riprendere la lunga storia che si lega a questo particolare giorno e per riportare alla superficie il lungo e faticoso percorso di emancipazione femminile.

Le pratiche globali del consumismo hanno però trasformato l’8 marzo in un giorno di festa, una sorta di “women pride” dal sapore troppo commerciale con cene, feste e mimose, lasciandone nell’oblio il valore di un’autentica memoria.
L’8 marzo è la data simbolo della lotta internazionale delle donne e della difesa dell’uguaglianza dei diritti. La terza Giornata mondiale di “memoria collettiva”, dopo il 25 Novembre e il 6 Febbraio, in cui si esprime ancora una volta il coraggio delle donne di dire “NO” alla violenza, alla subordinazione ad una sub-cultura che le inscrive in un immaginario collettivo stereotipico e le riduce a cose, ad oggetti di cui disporre, all’interno di una cornice maschilista e patriarcale che si apre nello sfondo della percezione del femminile.
Per queste ragioni, ieri mattina, le ultime classi del liceo scientifico, V A e V B, si sono riunite nell’aula “Agorà” del plesso Basile e, sotto la guida del prof. Vincenzo Ganci, docente di italiano e latino, e della prof.ssa Maria Rita Fedele, docente di storia e filosofia, hanno avviato una riflessione su cosa significhi oggi la celebrazione dell’8 marzo.
E’ stato molto interessante condividere con i nostri docenti il valore autentico di questa Giornata e, avendolo fatto in modo alternativo alla tradizionale attività della lezione, è stato sicuramente produttivo e arricchente in termini di presa di coscienza del percorso storico di rivendicazione femminile del diritto di cittadinanza.
Le donne- ha ribadito la prof.ssa Fedele- sono sempre state poco visibili nella storia ufficiale dei saperi, dalla matematica alla medicina alla filosofia e alle scienze, e, destinate a ruoli subalterni, rappresentano ancora oggi una sorta di lato oscuro della luna.
A questa violenza culturale dell’Occidente -ribadisce la prof.ssa Fedele- non è estranea la filosofia greca delle origini; Platone, ad esempio presenta, nei suoi dialoghi, personaggi femminili sapienziali cui toglie, però, il diritto di parola, facendo parlare solo Socrate che pure dice di aver avuto tre maestre importanti, da cui ha imparato molto: la sacerdotessa Diotìma, da cui ha appreso le cose centrali sull’Amore, la madre Fenàrete, da cui ha appreso l’arte della maieutica e la maestra di retorica Aspasia. Interessanti anche alcuni interventi dei compagni che hanno posto in rilievo come l’uguaglianza dei diritti non si fondi automaticamente sul principio dell’uguaglianza dei sessi, che per altro, biologicamente, psicologicamente, culturalmente e socialmente sono diversi.
Alla nozione giuridica di parità si è, infatti, sostituita quella di “pari opportunità” tra uomo e donna, da conseguirsi nella pratica quotidiana attraverso interventi e iniziative volte a sostenere le donne, per favorirne l’accesso a ruoli, cariche istituzionali e politiche e all’ esercizio delle varie professioni.
In Italia- ha ribadito la prof.ssa Fedele- il compito di individuare e promuovere tali azioni di sostegno alle donne è stato affidato ad un Ministero, chiamato appunto Ministero delle Pari Opportunità, istituito nel 1996, quando il Presidente del Consiglio dei Ministri, Romano Prodi, nominò per la prima volta un Ministro per le pari opportunità, maturando così una decisione politica che si collocava cronologicamente dopo la IV Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne, che si svolse a Pechino nel 1995.
La storia delle pari opportunità coincide, quindi, con la storia della nozione di cittadinanza, cioè del riconoscimento di tutti gli individui, a prescindere dal sesso, come membri di una comunità politica in cui c’è uguaglianza di diritti e di doveri di fronte alla legge.
La prof.ssa Fedele si è soffermata, quindi, sull’esempio emblematico di Olympe de Gouges, che sottoscrisse, nell’epoca storica della rivoluzione francese, la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina e ne ha letto l’art. VI che così recita:

«La legge deve essere l’espressione della volontà generale; tutte le Cittadine e i Cittadini devono concorrere personalmente, o attraverso i loro rappresentanti, alla sua formazione; essa deve essere la stessa per tutti: tutte le cittadine e tutti i cittadini, essendo uguali ai suoi occhi, devono essere ugualmente ammissibili a ogni dignità, posto e impiego pubblici, secondo le loro capacità, e senza altre distinzioni che quelle delle loro virtù e dei loro talenti».

Olympe de Gouges fu arrestata, processata e condannata alla ghigliottina nel 1793 con un’accusa che le imputava tra l’altro di “aver dimenticato le virtù che convengono al suo sesso”. L’Assemblea Costituente, su proposta di Robespierre, respingeva, in quegli anni, l’idea politica dell’uguaglianza dei due sessi. Agli inizi del Novecento le donne, ancora escluse dall’elettorato attivo e passivo, sostennero movimenti di protesta per il riconoscimento del diritto di voto. In Europa, come è noto, il movimento politico femminile prese il nome di “suffragette”; in Italia, le donne parteciparono per la prima volta alle elezioni politiche il 2 giugno 1946 e acquisirono in quella data la cittadinanza politica.
Altrettanto interessanti sono stati i passaggi letterari sul femminile, con i riferimenti ai Fausti di Ovidio; è stata narrata dal prof. Ganci la storia di Eco e di Tacita, due ninfe accomunate dallo stesso destino: non possono che ripetere il detto da altri, ma non arrivano mai alla Dignità del Dire. Eco perderà il corpo, resterà di lei solo un puro suono, una voce che ripete solo e sempre all’infinito, Tacita diventerà la dea del silenzio. In questi miti -ha ribadito il prof. Ganci- si evidenzia che la donna può avere solo parola servile e ripetitiva, ma non ha il diritto di parola, che sia nella cultura greca che latina, è ritenuto di esclusiva pertinenza maschile. I Romani condividevano questa tesi: tacere non era soltanto una virtù, ma il dovere delle donne.
Dalla discussione di gruppo, avviata dopo gli interventi dei docenti, è emerso che il valore dell’8 marzo non si deve circoscrivere solo in quella data di memoria storica, ma deve tradursi nell’impegno quotidiano per una convivenza civile e democratica, che rende degna la vita di ogni persona;
La prof.ssa Fedele ha concluso l’incontro, affermando che «il rispetto autentico verso la donna non si manifesta solo attraverso convegni, eventi, cortei, flash-mob o altro, ma soprattutto attraverso l’assunzione di buone pratiche di vita quotidiana, nei posti di lavoro, all’interno delle scuole, nelle relazioni tra pari e in tutti quei contesti dove, purtroppo, ancora oggi, c’è tanto da fare, per contrastare la violenza di quegli uomini che, con arroganza e prepotenza, continuano ad offendere la dignità personale e professionale delle donne.

* studentesse della classe V A del liceo scientifico “Emanuele Basile” di Monreale