Faceva campagna elettorale per il fratello e non voleva ingannare gli elettori

Rese note le motivazioni con cui la Cassazione ha respinto la richiesta di arresto di Salvino Caputo presentata dalla Procura di Termini

PALERMO, 16 aprile – Non voleva ingannare l’elettorato facendo credere di essere lui il candidato e non il fratello, anche perchè “era vigorosamente impegnato a favore di questi” ed esistevano anche volantini con l’indicazione del nome Mario Caputo.

E comunque l’aver indicato soltanto i cognome “non costituisce una falsa indicazione di elementi identificativi”. Ad affermarlo è la Cassazione nel motivare il provvedimento di respingere la richiesta di arresto di Salvino Caputo formulata dalla Procura di Termini Imerese.
Secondo i magistrati di Termini, Salvino Caputo avrebbe tentato il raggiro degli elettori perché avrebbe fatto candidare all’Ars il fratello Mario al posto suo e lo avrebbe sostenuto giocando sull’equivoco della parentela. Un escamotage che sarebbe stato messo in atto poiché lui, ancora “vittima” della legge Severino, non poteva ancora candidarsi. Caputo era finito ai domiciliari il 3 marzo dell’anno scorso, ma successivamente, il 20 aprile, l’ordinanza di custodia cautelare emessa a suo carico era stata annullata dal tribunale del riesame.