Questione assistenza disabili: una querelle da risolvere al più presto

Si può discutere su tutto, ma il benessere e la tutela dell’integrità psico-fisica di bambini e ragazzi disabili non possono prevedere percorsi di ottimizzazione di risorse

MONREALE, 5 marzo - Nei giorni scorsi, come ha puntualmente riportato la nostra testata, si è tenuto un incontro fra amministrazione e scuole del territorio finalizzato al miglioramento del servizio di assistenza igienico-personale per gli alunni diversamente abili che frequentano le scuole del primo ciclo del nostro Comune. Sull’argomento, però, riteniamo importante fare qualche precisazione ulteriore.

La ragione che ha spinto gli amministratori a convocare i dirigenti scolastici sembrerebbe, da quanto è emerso, la comunicazione di una nota da parte della Corte dei Conti in merito alle spese che il Comune affronta per garantire tale servizio alla fascia più debole della nostra società.
Mi permetto di intervenire sulla questione poiché questa problematica mi ha coinvolto più volte durante la mia esperienza di vicesindaco ed assessore della precedente amministrazione.
A tale proposito sarebbe utile ripercorrere alcune tappe che, a partire dal 2004, hanno connotato questo servizio rendendolo, a mio avviso, “a misura” di un’utenza che chiede esclusivamente il diritto di frequenza scolastica in condizioni idonee e agevoli.
È bene ricordare, innanzitutto, che in Sicilia il servizio di assistenza igienico personale agli alunni diversamente abili è normato dall’articolo 22 della legge regionale 15 del 2004 che lo pone a carico dei Comuni per la scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di I grado, mentre delle ex Province per la scuola secondaria di secondo grado. Dopo l’approvazione della legge 8/2016 con cui il legislatore regionale, sulla base dell’articolo 47 del Contratto Collettivo Nazionale del comparto scuola del 2005, aveva tentato di demandarlo alle scuole secondo la normativa nazionale, introducendo con l’articolo 10 della stessa, la sussidiarietà dell’intervento da parte dei Comuni, per casi gravi o in assenza di personale scolastico adeguatamente formato, è apparso subito chiaro come ciò andasse a ledere il diritto di assistenza di cui tutti i bambini sono portatori, a maggior ragione i bambini disabili.
Infatti, dopo solo qualche mese, tale articolo di legge è stato abrogato con l’articolo 5, comma 4, della legge regionale 20 del 2016, reintroducendo così effettivamente l’obbligo del servizio per Comuni e Province.
D’altronde, chi opera nelle scuole, conosce bene il carico di lavoro che si sobbarcano i collaboratori scolastici, in ambienti in cui, soprattutto in Sicilia, il numero degli alunni per classe non è certamente uguale a quello delle altre regioni.
Destinare i collaboratori a svolgere questo servizio, seppur previsto sul territorio nazionale dall’articolo 13 del decreto legislativo 66 del 2017, significa privare le scuole, già in difficoltà per carenza di personale ATA, di un servizio di assistenza e sorveglianza irrinunciabile per la sicurezza e la funzionalità di interi nuclei scolastici, considerando che l’articolo 17 del suddetto decreto legislativo esclude le regioni a statuto speciale, dal vincolo di adeguamento alla norma nazionale in quanto vengono fatte salve le competenze attribuite in materia di inclusione scolastica secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione regionali.
C’è da dire pure che l’abrogazione dell’articolo 10 è stata dettata anche dalla volontà di tutelare la professionalità di quanti sono impegnati da decenni in questo servizio come operatori altamente specializzati.
Proprio perché si può discutere su tutto, ma il benessere e la tutela dell’integrità psico-fisica di bambini e ragazzi disabili non possono prevedere percorsi di ottimizzazione di risorse se questi sanciscono il passaggio di un servizio da ad personam a un altro dove l’alunno diventa necessariamente un numero, sarebbe auspicabile, così come sono certo che averrà, che l’attuale amministrazione prosegua senza esitazione alcuna ad offrire tutti i servizi non solo perché la legge regionale lo prevede e li affida ai Comuni, ma anche e soprattutto perché salvaguardare i diritti dei nostri bambini e ragazzi è un dovere irrinunciabile per una società che guarda ai più deboli come priorità.