La storia “eterna” del Piano Regolatore Generale

Un provvedimento che aspetta la sua definitiva “consacrazione” dal lontano 1932

MONREALE, 21 novembre – La necessità di salvaguardare il vasto territorio di Monreale, nacque nell’agosto del 1932 sotto il Podestà Gaetano Epifanio, quando venne bandito un concorso per stilare le relazioni del primo piano regolatore generale le cui finalità erano la valorizzazione del Duomo e degli edifici monumentali dell’abitato e il risanamento igienico del medesimo attraverso, il riequilibrio del suo patrimonio edilizio.

Nel 1937 fu il podestà Raffaele Di Salvo, quando era ormai conclusa in negativo la vicenda del piano regolatore, poiché nessuno dei cinque progetti fu approvato dall’amministrazione civico . Nel 1938 il Comune cercò l’adozione di un piano di risanamento, anno in cui Monreale fu ufficialmente riconosciuta stazione turistica della Regione. Da quella data il Piano Regolatore Generale di Monreale redatto nel 1973 dal professor Giovanni Astengo, venne deliberato in Consiglio comunale il 7 luglio 1977. Poi ,nel febbraio del 1980, venne approvato dal Consiglio regionale dell’Urbanistica e nel successivo aprile recepito dal Consiglio comunale. Il tutto è depositato all’area “affari generali e istituzionali dell’archivio storico comunale “Giuseppe Schirò”. Mentre in seguito i tentativi di impostare una disciplina urbanistica sono stati guidati dalle leggi della cementificazione e della speculazione. Dove le prospettive di riqualificazione urbanistica non si sono rilevate “attuative”, favorendo l’indiscriminata nascita di insediamenti abitativi senza un disegno organico fuori dal centro storico che al suo interno subisce indiscriminati aumenti di volumi. Da rilevare che Monreale non è una vera città e non è un insediamento agricolo.


La vicinanza con Palermo ne fa un’appendice della metropoli sovrastata dall’incombente blocco monumentale. Il Duomo, ridotto e diremmo anche degradato a “oggetto di lusso” offerto al “consumismo turistico più classico” segna un mancato rapporto, un vuoto, una contraddizione : “la chiesa oggetto di consumo turistico ,non risponde a nessuna funzione propria della città stessa che vive solo gli svantaggi di un centro turistico senza saperne cogliere i benefici di occupazione e di reddito” .C’è qui tutta la incapacità di rendere quest’ ambito dotato da un piano traffico che liberi dalle auto tutto il centro e far rivivere le attività che continuano ad abbassare la saracinesca.