La polvere di cantiere e le pozze di fango del Carmine

Riceviamo e pubblichiamo...

Il Carmine è uno dei quartieri più antichi di Monreale. Ha una composizione sociale prettamente popolare fatta di gente che lavora e si busca il pane col sudore della fronte. Ci sono pensionati ed anche chi ha sopravvissuto con il reddito di cittadinanza.

In generale, si respira la voglia di emancipazione e la ricerca di condizioni migliori di vita. Al Carmine ho vissuto gran parte della mia infanzia ed adolescenza: ho fatto un anno di asilo, un lungo apprendistato nella bottega di falegnameria di mio padre e, di tanto in tanto, ho tirato calci al pallone tra quelle stradine trasformate in improbabili campi sportivi. Pertanto, ho gioito di cuore ma con la giusta riservatezza per l’avvio dei lavori di ammodernamento di questo caloroso quartiere posto a due passi da una delle arterie principali cittadine, la “Varanni”, la via grande dello “struscio” o delle “passiate”.

Nonostante la vicinanza al cuore pulsante della città, in questi mesi, ed in particolare in questi giorni di festa, si è potuta misurare, per intero, la condizione di “ultima periferia dell’impero”, luogo abbandonato a se stesso, in cui il Carmine si trova. Le foto pubblicate sui social da alcuni residenti, (vedi allegati) ne sono una eloquente testimonianza. Con le quattro gocce di pioggia cadute giorno 2 maggio, una parte dell’area di cantiere si è perfino trasformata in uno stagno di acqua e fango. Per verificare, basterebbe passarci e rassegnarsi all’idea di doversi sporcare le scarpe. Ma si può chiedere tanto a chi pensa di dover essere sempre in tiro per un selfie o per interi servizi fotografici? Non sia mai e … “curnutu cu si lamenta”.

Eppure, negli anni passati, prima che si insediasse l’amministrazione del piffero incantatore degli allocchi, dall’ultimo governo di centrosinistra furono finanziate le opere di sistemazione di queste strade, la condotta idrica e la rete fognaria. Furono inserite nel Patto per il Sud metropolitano di Palermo. Nel 2020 sono finalmente partiti i lavori con tanto di miserabili tentativi del solito qualcuno di appropriarsi di meriti non propri.

Oggi i lavori sarebbero già dovuti essere terminati. Il cartello in foto con evidenza di legge recita: “data ultimazione lavori, 20 novembre 2022”. Invece, si sono già accumulati 6 mesi di ritardi che gravano soprattutto sui residenti e chissà quanto tempo ancora bisognerà aspettare per la conclusione. Di certo c’è ancora molto da fare! Ovviamente i signori assessori e il sindaco non vogliono sentirsi dire semplicisticamente “a curpa è ru sinnacu”! E, allora, non sia mai.

Ci adeguiamo e, per non ferire la sensibilità di lorsignori, usiamo un altro termine: deficienza. Quindi, chiediamo, di chi sarebbe allora questa deficienza e, si badi bene, non colpa? Chi non ha svolto il ruolo di controllo che doveva svolgere? Chi non ha avuto la autorevolezza di farsi sentire e far rispettare gli accordi contrattuali? Chi non ha trovato il tempo da dedicare a questi lavori che andrebbero e vanno completati immediatamente?

Due anni di lavori, come da appalto, dovevano essere più che sufficienti. Invece… invece è andata così. Ed allora, si abbia pazienza se torniamo a chiederci: la responsabilità di chi è? È forse dei residenti, o di chi passa per caso da queste viuzze? In tal caso, signori dell’amministrazione, voi davvero non avreste colpe visto che non ci abitate e nemmeno vi sognate di passarci a piedi per non sporcarvi le scarpette lucide o per non rischiare di prendere, con i tacchi a spillo hi-tech, qualche storta.

È vero, si tratta di strade meno visibili di quelle principali, ma è altrettanto vero, e tanto più ingiusto, che a tali problemi non si dedichi nessuna attenzione. Forse queste buche non strappano “mi piace” come le luci del giorno di festa; Forse la polvere di cantiere dei giorni asciutti e caldi è fastidiosa per scarpe e pantaloni come gli schizzi e la crema di fango dei giorni di pioggia. Non si può però continuare a pensare di girare sempre al largo, tanto il fine mese arriva lo stesso e lo stipendio lo si incassa ugualmente. Occorrerebbe un sussulto di dignità istituzionale che finora non c’è stato e che tarda ad arrivare. Non serve chiedere pazienza perché ogni limite di decenza è stato superato da tempo e non ci sono più giustificazioni che tengano. Si faccia in fretta. Per converso noi promettiamo di non dire che “a curpa è ru sinnacu”. E chissà se qualcuno non ci crederà pure.

* ex deputato nazionale