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''San Castrense è un dono dell’arcidiocesi di Monreale''

| Giuseppe Cangemi | Curia

Prima solennità del santo patrono dell’arcidiocesi per l’arcivescovo Gualtiero Isacchi

MONREALE, 11 febbraio – È stata officiata questo pomeriggio dall’arcivescovo di Monreale, monsignor Gualtiero Isacchi, all’interno del duomo di Monreale, la celebrazione eucaristica in onore di San Castrense, patrono di Monreale e dell’arcidiocesi.

Il solenne pontificale, che ha visto la partecipazione delle locali autorità civili e militari e di tanti fedeli, si è tenuto al termine della tradizionale processione che ha condotto l’urna, contenente le reliquie del santo e su cui è possibile leggere ancora oggi ''San Castrense, eterno baluardo della città di Monreale'', dalla chiesa di San Castrense fino in cattedrale.

Un legame, quello con il santo patrono della città, che dura da secoli e risale al tempo in cui l’arcivescovo di Capua, Alfano, accompagnando la principessa Giovanna, figlia di Re Enrico II d’Inghilterra e sorella di Riccardo ''Cuor di leone'', a Palermo, portò come dono di nozze al Re Guglielmo II il corpo di San Castrense senza la testa che è rimasta a Capua.

E proprio su quest’ultimo aspetto della storia del patrono dell’arcidiocesi, in particolare, monsignor Isacchi si è soffermato nella sua prima omelia pronunciata per la solennità del santo.

“San Castrense e le sue reliquie sono state per Monreale un dono, che lo ha portato a divenire patrono della nostra città - ha affermato monsignor Isacchi. Questo aspetto è stato forse uno dei motivi per cui il suo culto si distingue, ancora oggi, da quelli tradizionali rivolti in tante altre realtà cittadine nei confronti dei santi patroni. Ma è proprio questa particolare caratteristica della sua storia - ha continuato il presule - a spingerci nella voglia di avvicinarci a questo santo e di conoscerlo sempre di più, proprio come si fa con un dono. Il dono è spesso qualcosa che ci giunge inaspettatamente, ma che ci cambia inevitabilmente in qualche modo la vita. E' per questo - ha concluso l’arcivescovo- che la figura, lontana nel tempo e dalla storia straordinaria, di San Castrense, in quanto dono per noi, deve indurci a ricordare che la nostra stessa vita è un dono, la fede è un dono, che dobbiamo preservare e custodire nella memoria di questo santo che ha fatto della sua vita un esempio di carità di di amore”.

Al termine della celebrazione eucaristica, l'arcivescovo Gualtiero Isacchi ha effettuato la tradizionale benedizione dell’urna d’argento contenente le reliquie del santo, recitando una preghiera.

 

 

· Enzo Ganci · Editoriali

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