A Francesca Morvillo: donna, giudice e vittima di mafia

Nel 29esimo anniversario della strage di Capaci è doveroso ricordare la vita e l’impegno dell’unica magistrata rimasta uccisa in Italia

In una delle auto che stavano percorrendo la A-29 in direzione Palermo, quel tardo pomeriggio di fine maggio, c’era anche una donna: si chiamava Francesca Laura Morvillo, e aveva alle spalle una lunga carriera come giudice nonché docente universitaria.

In una delle auto che stavano percorrendo la A-29 in direzione Palermo, quel tardo pomeriggio di fine maggio, c’era anche una donna: si chiamava Francesca Laura Morvillo, e aveva alle spalle una lunga carriera come giudice nonché docente universitaria.
Forse Francesca non avrebbe mai immaginato che quel giorno la sua vita sarebbe finita, o forse sì, ma questo non l’aveva fatta rassegnare: si era innamorata di un uomo, Giovanni Falcone, e aveva deciso di stargli accanto per sempre, nonostante tutto. È una storia molto dolorosa, ma a mio parere anche bellissima, e vale la pena di ripercorrerla.

Francesca Morvillo nasce a Palermo il 14 dicembre 1945, da Carmela D’Aleo e Guido Morvillo. Il papà è sostituto procuratore nel capoluogo siciliano e anche il fratello Alfredo è un magistrato; con una tesi intitolata “Stato di Diritto e misure di sicurezza”, Francesca conseguirà la laurea in giurisprudenza a soli 22 anni, presso l’Università degli Studi di Palermo, conquistando anche la lode e la menzione accademica. Il brillante percorso di studi che l’ha vista protagonista sarà solo il primo di tanti importanti traguardi: mentre la sua tesi di laurea riceve il premio “Giuseppe Maggiore” in quanto miglior lavoro svolto sul campo in quell’anno accademico, nel marzo del 1971 diventa giudice del Tribunale di Agrigento.

Successivamente viene nominata sostituto procuratore della procura della Repubblica al Tribunale dei minori di Palermo, e nel corso della sua carriera non sono pochi i giovani cresciuti a pane e mafia che incontra. Francesca Morvillo e Giovanni Falcone si conoscono nel 1979 e tra loro l’amore non tarda ad arrivare. Accomunati dalla stessa professione e da un profondo impegno civile che li contraddistinguerà sempre, il loro rapporto sopravvivrà a momenti estremamente difficili e sconfortanti, che li coinvolgeranno sia pubblicamente che privatamente.

La lotta contro Cosa Nostra non è certo un’impresa facile: Francesca ama un uomo che spesso viene attaccato su tutti i fronti, sia al lavoro che in alcune trasmissioni televisive, e impara presto anche a convivere con l’onnipresenza degli agenti della scorta, che per ovvi motivi non possono mai fare godere appieno alla coppia dei momenti intimi. Anche il loro matrimonio, celebrato nel 1986 in forma segretissima da Leoluca Orlando, sarà caratterizzato dalla discrezione e da una privacy pressoché assoluta. Quell’anno segna infatti l’inizio del Maxiprocesso contro Cosa Nostra, e il tempo a disposizione per la dolcezza e la leggerezza è davvero poco.

Questo non scalfirà affatto il sentimento che legava Francesca e Giovanni, tragicamente uniti nella vita e nella morte. La conferma in Cassazione delle condanne del Maxiprocesso, il 30 gennaio del 1992, farà tremare definitivamente la mafia siciliana: i 19 ergastoli e i circa 2665 anni di carcere faranno deliberare a Salvatore Riina una sentenza di morte che nessun siciliano può e deve dimenticare. Il resto della cupola malavitosa è dello stesso avviso: Giovanni Falcone deve pagarla cara, così che a nessuno venga più in mente di sfidare il potere criminale, un potere che ha trucidato, minacciato, estorto denaro, distrutto famiglie e città e che ha stuprato per oltre un secolo la nostra terra.

Sono le 17:58 del 23 maggio 1992: 500 chili di tritolo, posizionati e fatti esplodere senza troppa difficoltà, faranno saltare in aria la Fiat Croma in cui viaggiano Francesca Morvillo e Giovanni Falcone, alla guida del mezzo, uccidendo sul colpo gli agenti di scorta Vito Schifani, Antonino Montinaro e Rocco Dicillo, a bordo di un’altra Croma di colore marrone. In totale si contano più di venti persone ferite, tra cui Francesca e Giovanni, ancora vivi; lui muore in ospedale poco dopo, mentre Francesca viene trasportata prima all’ospedale Cervello e poi al Civico, dove morirà attorno alle 23. “Dov’è Giovanni?” domanderà prima di esalare il suo ultimo respiro.

“Giovanni, amore mio, sei la cosa più bella della mia vita. Sarai sempre dentro di me così come io spero di rimanere viva nel tuo cuore. Francesca”. Queste parole sono state rinvenute molti anni dopo l’attentato dinamitardo che ha colpito a morte i due giudici e gli uomini della loro scorta; Francesca Morvillo le aveva scritte su un biglietto, con una grafia perfettamente leggibile e ordinata, ed è probabile che il marito non abbia mai avuto modo di leggerle. La tristezza e la rabbia non devono sostituirsi al nostro orgoglio: Francesca Morvillo era una donna siciliana, eccellente magistrata, che aveva scelto di stare al fianco di un uomo altrettanto brillante e determinato, Giovanni Falcone. Non rimarrà per sempre viva solo nel cuore del suo consorte, ma anche nel nostro.